Psicologia in emergenza: perché è importante anche per i comuni cittadini

Anche tu puoi fare la differenza: ecco perché la psicologia in emergenza ti riguarda

Non serve essere psicologo o soccorritore per aiutare

L’idea che solo medici o operatori specializzati possano “fare qualcosa” in emergenza è falsa.
Ogni persona che si trova vicina a un evento critico, fisicamente o anche solo via radio, ha un impatto su chi sta vivendo la crisi.
Anche una parola, un tono di voce o il silenzio possono accendere o spegnere una reazione emotiva.

Le emergenze non capitano solo agli altri

Blackout, incidenti, attacchi di panico, esplosioni, urla, persone disperse.
Queste situazioni possono accadere ovunque, anche nella vita di chi non si considera “del mestiere”.
Saper gestire emotivamente quei momenti non è un lusso da esperti: è una competenza civile di base.

Un esempio pratico: la voce giusta, al momento giusto

Una persona in panico apre un canale PoC:
“C’è un incendio! Sto correndo! Non so dove andare!”
Se la risposta è: “Dove sei esattamente? Ti ascolto. Respira con me”, non stai facendo psicoterapia.
Stai facendo umanità applicata in emergenza.
E può bastare per ridurre lo shock, riportare lucidità, facilitare l’intervento.

Cosa puoi fare anche se sei “solo” un cittadino?

  • Imparare a riconoscere segnali di stress acuto
  • Usare un linguaggio chiaro e rassicurante
  • Evitare frasi dannose come “non è niente”
  • Contenere l’emotività altrui senza giudicare
  • Sapere quando passare la comunicazione ai professionisti

Il ruolo della PoC Radio: una responsabilità condivisa

Chi comunica via PoC non è un semplice ascoltatore. È un nodo attivo nella rete di aiuto.
Chi riceve la prima chiamata di emergenza ha in mano la fase più delicata: quella in cui tutto può peggiorare… o iniziare a rientrare.
Conoscere le basi della psicologia in emergenza ti rende parte della soluzione.

Non è teoria, è sopravvivenza emotiva

Sapere come parlare, cosa dire, cosa evitare non è cultura “soft”. È formazione per la resilienza collettiva.
In una società fragile, i cittadini preparati fanno la differenza.
Non per sostituire i professionisti, ma per preparare il terreno del soccorso reale.

Prepararsi è un atto di responsabilità verso gli altri

Ogni cittadino che sa come gestire una voce in panico, ogni persona che sa contenere uno stato emotivo acuto, contribuisce a una comunità più solida, più umana, più pronta.
Non servono titoli: serve presenza, ascolto, parole scelte con cura.
Ed è tutto ciò che insegna la psicologia in emergenza.

Contenimento emotivo: come aiutare chi sta crollando

Cos’è il contenimento emotivo

Quando tutto traballa, serve una presenza stabile

In una situazione d’emergenza, chi è coinvolto può sentirsi sopraffatto da emozioni incontrollabili: panico, confusione, rabbia, pianto, urla, silenzi paralizzanti.
Il contenimento emotivo è l’insieme di azioni che aiutano a riportare la persona a una soglia di sicurezza psicologica, creando un argine momentaneo alla piena emotiva.

Perché è fondamentale in una comunicazione via PoC

Chi parla alla radio, spesso, è in un luogo diverso, non può toccare, vedere, intervenire. Ma può tenere l’altro con la voce, con il tono, con le parole.
Contenere emotivamente via PoC significa essere un punto fermo anche se invisibili. La persona in crisi ha bisogno di sentire che qualcuno è lucido mentre lei sta crollando.

Un esempio concreto

“Sto tremando, ho il cuore impazzito, mi sento morire, aiutatemi!”
Risposte efficaci:

  • “Ci sono. Ascolto ogni parola che dici.”
  • “Respira con me. Inspira adesso… trattieni… ora espira lentamente.”
  • “Non sei solo. Rimani con me.”
    Queste frasi non risolvono l’evento, ma creano un perimetro di sicurezza.

Tecniche di contenimento emotivo (versione pratica)

  • Ritmo e tono di voce calmi e regolari
  • Ripetizione rassicurante (“Va bene. Ti sento. Sono con te.”)
  • Coinvolgimento fisico guidato (“Senti i piedi a terra? Muovi le dita.”)
  • Orientamento spazio-temporale (“Sai dove sei? Cosa vedi intorno?”)
  • Immagini mentali protettive (“Pensa a un luogo che ti fa sentire al sicuro.”)

Cosa NON fare mai

  • Dire “Devi calmarti” (non è utile, è una pressione in più)
  • Sgridare o accusare la persona per come si sente
  • Fare discorsi logici (la persona non è lucida in quel momento)
  • Usare sarcasmo o fretta
  • Offrire soluzioni premature o giudizi

Chi può farlo? Anche tu. Ma con rispetto.

Non devi essere psicologo. Devi essere presente, centrato, umano.
Se sei collegato a un canale PoC durante un evento difficile, e senti una voce in crisi, la tua voce può diventare una cintura di sicurezza invisibile.
Non devi guarire: basta restare e contenere.

La calma è contagiosa, il panico anche

Nel caos, chi resta lucido diventa guida. Il contenimento emotivo non è teoria: è pratica quotidiana in emergenza.
Se impariamo a contenere, costruiamo fiducia e salvezza, un contatto alla volta.

Ascolto attivo: cos’è, come si applica e perché salva vite

Il falso ascolto è ovunque

Quante volte facciamo finta di ascoltare, mentre in realtà aspettiamo solo il nostro turno per parlare? In emergenza, questo atteggiamento non solo è inutile: può essere dannoso.
L’ascolto attivo è l’esatto contrario. È essere presenti con mente, corpo e voce, concentrati su ciò che l’altro sta dicendo – senza giudicare, correggere o distrarre.

Perché è fondamentale nei canali PoC

Su una PoC Radio, non vediamo il volto dell’altro. Non abbiamo il suo corpo davanti, né il tempo per interpretare segnali deboli. Tutto passa attraverso la voce.
In questo contesto, l’ascolto attivo è ancora più essenziale. Serve a:

  • evitare incomprensioni
  • contenere il panico
  • fare sentire l’altro “visto” anche se non lo vediamo

Un esempio reale

Canale aperto. Una voce maschile, concitata: “Non riesco a respirare bene… ho paura… è buio qui dentro…”
Una risposta istintiva potrebbe essere: “Dai, stai calmo! Non è niente!”
Una risposta da ascolto attivo, invece:
“Ti sento. Sei al buio e hai paura. Sono qui con te. Puoi descrivermi dove ti trovi?”

Le 5 regole dell’ascolto attivo

  • Fermati. Smetti di pensare a cosa dire dopo. Ascolta davvero.
  • Rifletti ciò che senti. Ripeti con parole tue per dimostrare che hai capito.
  • Accogli le emozioni. Anche se sono scomode.
  • Fai domande aperte. Non chiudere la conversazione.
  • Usa il silenzio. A volte è la risposta più potente.

Come si applica via radio?

  • Parla lentamente e chiaramente
  • Nomina ciò che l’altro prova (“Sembra che tu sia agitato”)
  • Non minimizzare né correggere
  • Non riempire ogni pausa di parole inutili
  • Chiudi con una conferma: “Va bene, sei stato chiaro. Rimaniamo in contatto.”

Gli errori più comuni

  • Interrompere
  • Usare frasi standard (“Capisco”, “Tranquillo”) senza senso reale
  • Parlare di sé mentre l’altro si sta sfogando
  • Usare un tono “freddo” o robotico
  • Correggere la percezione dell’altro (“Non dovresti sentirti così”)

Ascoltare è già aiutare

In un mondo che corre, chi sa ascoltare si distingue. Nelle emergenze, chi ascolta con empatia può diventare un ancora di salvezza emotiva.
Nella community PoC Radio Itallia, anche un semplice “Ti ascolto, sono qui” può cambiare il corso di un momento critico.